Nel mio immaginario i trabocchi sono sempre esistiti, non solo perché già di pochi mesi ero a San Vito e in seguito con la barca di mio padre remavamo fino al trabocco Cintioni o Mucchiola, ma soprattutto perché nella mia fantasia rappresentavano qualcosa che non riuscivo a spiegare ma mi attraeva. Ora che ho più cognizione di me e del mondo riconosco il messaggio segreto che mi ha sempre seguito e affascinato. Un sussurro o alito del vento che rimanda all’operosità umana, alla creatività semplice e pratica, alla forza delle strutture esile, alla forma sempre diversa ma sempre riconoscibile, al mistero del suo essere una macchina ma anche una scultura, che racconta che la creatività è di questo mondo e non solo degli artisti. Effimero ed eterno, perché rinasce dopo ogni mareggiata, con pochi elementi in legno e ferro, è povero nella sua realizzazione ma ricco nel suo messaggio: un elemento artificiale che diventa naturale, come se l’uomo avesse plasmato la Natura, come se la Natura abbia usato l’uomo per oltrepassare i propri confini: protendere la terra sopra il mare e i desideri sotto il cielo.
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